La newsletter tostoina di settembre è assente giustificata
E infatti ad agosto nessuno ne ha sentito la mancanza.
Ciao dalla newsletter che è più buchi che newsletter.
Il mio equivalente della lista dei nomi di Arya Stark a cui penso nel buio quando in estate fa così caldo da non riuscire a dormire comprende alcune delle cose che abbiamo perso nell'arco di una generazione: le foche monache nelle spiagge dell'Ogliastra, il passaggio delle balene nel golfo di Cagliari come occorrenza comune, le tartarughe nidificare indisturbate.
Sono tutte cose che mi vengono in mente d'estate perché per buona parte della mia vita l'estate è stata la stagione in cui posso tornare ad essere animale fra gli animali, più in acqua che fuori. Da quando vivo lontano dal mare ho scoperto altri modi per stare nella natura che non contemplano l’acqua salata, che hanno subito lo stesso destino di mancanza di cura e scelte che hanno reso i luoghi in cui viviamo progressivamente sempre meno clementi, per nessun’altra ragione se non quelle ereditate da un pensiero miope e di breve periodo. Città dal suolo impermeabile, dai corsi d'acqua inattingibili, senza alberi, senza spazi in cui fare cose che siano diverse dal consumo o che non si trasformino in specchi ustori o in pietre refrattarie per cuocere la pizza, dove la pizza siamo noi, cotti, stanchi e indigeribili.
Non ci sono ragioni se non quelle miopi e di breve periodo per avere reso l'estate una stagione che puoi goderti solo a patto di avere le risorse per poter fuggire. Ci penso ancora di più ora, che chi più chi meno stiamo rientrando nelle cose di sempre, nei posti usuali. Voler star bene dove si sta non dovrebbe essere un’idea radicale.
La Cura è anche il tema di quest’anno della VII edizione di Un Ponte di storie, Piccolo Festival letterario per bambini e ragazzi. Ci trovate anche me e Daniela Palumbo a parlare della voce delle pietre e di Che Cosa Senti?. Io e Daniela siamo una piccola parte di un programma eccellente che trovate tutto sul sito, e che va avanti dal 25 al 29 settembre a Ponte in Valtellina. Comprende - per dirne qualcuno - anche gente come Marco Somà, Liza Rendina e Gabriele Pino. Delle creature fantastiche di Gabriele Pino parlavo giusto nella newsletter di maggio riguardo a 090. La cosa curiosa è che la prima volta che le ho viste dal vivo è stata proprio in un’edizione di qualche anno fa di Ponte di Storie e sono molto contenta di reincontrarle lì.
Nel frattempo il Libro Nuovo™ cresce, pieno di animali peculiari e storie buffe, e dovrebbe vedere la luce all’inizio dell’anno prossimo. La cosa che rende più felice del libro nuovo™ è che oltre che illustrarlo lo sto anche scrivendo. La cosa più da strapparsi i capelli del libro nuovo™ è che oltre che illustrarlo lo sto anche scrivendo.
Leggere con le figure
Il libro nuovo™ gira intorno a tre cose: gli animalini peculiari, la dimensione temporale e il fatto che sarebbe veramente una cosa spiacevole e francamente evitabile se scelte miopi e di breve periodo - e la mancanza di cura verso il luogo che collettivamente abitiamo - dovessero significare la scomparsa di creature che sono un legame con un passato antichissimo del pianeta in cui noi non eravamo neanche lontanamente nello scenario.
La prima volta che ho iniziato a rimuginare su questa idea è stato nella sala della megafauna del Museo di Storia Naturale di New York, museo da cui sono uscita con una piccola pila di libri illustrati (sempre troppo piccola rispetto ai miei reali desideri) fra cui I’m not a dinosaur illustrato da Jonny Lambert, che a casa è andato ad aggiungersi a Animals of a Bygone Era: An Illustrated Compendium di Maja Säfström.
Questi due libri hanno in comune in fatto di concentrarsi su tutti gli altri animali incredibili, carismatici, e assurdi del nostro passato che non sono dinosauri. Capiamoci: i dinosauri sono favolosi, ma il passato della terra è ricco di molte altre creature affascinanti e decisamente weird: cavalli minuscoli e bradipi enormi, libellule dall’apertura alare di 80 centimetri e lontre terricole che a un certo punto hanno detto “tutto bellissimo ma vuoi mettere l’oceano, noi diventiamo balene” (c’è pure l’ittiosauro di Besano, per gli appassionati di c’è un po’ di Italia in questo libro sui fossili).
È uno di quei libri trasversali che è in grado di parlare tanto ai bambini che agli adulti non perché sta in mezzo tentando di accontentare tutti, ma perché è incredibilmente peculiare nelle sue scelte. Lo stile di illustrazione è personale ma chiaro nella caratterizzazione gli animali, l’umorismo adorabile ma sempre basato nei fatti.
In Italia è pubblicato da Nomos come Il piccolo libro degli animali del mondo antico con una copertina giallissima e pragmaticamente liscia (la mia copia inglese con copertina color talpa telata e stampata in letterpress sembra oggettivamente molto meno adatta ad essere maneggiata da mani inquisitive ma dal livello di pulizia variabile a seconda dei momenti della giornata).
Animali peculiari
Si potrebbe pensare che gli occhi della Macropinna microstoma o Pacific barreleye fish siano le due protuberanze dall’aria rassegnata da impiegato del catasto di ritorno dalle ferie sul davanti della sua faccia. Invece quelle sono le sue narici, e i veri occhi sono le due pallette antistress in morbido silicone verde fluo che stanno sotto la calotta trasparente da astronave fantascientifica. Protagonista di tutti i listicle di animali peculiari dalle origini di internet ai giorni nostri, si pensa che la sua testa trasparente si sia evoluta per proteggere i suoi occhioni bulbosi dalle punture dei diversi animali gelatinosi e urticanti di cui si nutre o con cui compete per il cibo.
Leggere con le orecchie degli altri
Mentre pensavo all’assenza di foche e balene ho ascoltato The Rewild Podcast, un podcast condotto da James Shooter, fotografo naturalista e videomaker. Nella puntata sulla Scozia una ricercatrice ha detto una cosa che mi ha illuminato: la fondamentale importanza di portare avanti i progetti di rinaturalizzazione fintanto che sono vive le persone che si ricordano com’era prima. La memoria come componente della convivenza col mondo naturale, dell’abitudine a questa convivenza. Il tempo è un fattore fondamentale, perché quando sparisce la memoria dei luoghi e delle persone è molto più semplice fare finta che sia sempre stato così, che lì prima non ci fosse niente (è la ragione per cui in un altro posto del mondo si estirpano ulivi per piantare banani o si piantano boschi per nascondere villaggi). La memoria della possibilità che un modo diverso di stare nel mondo come componente fondamentale della speranza che si possa fare diversamente.
Quanti sacrifici per farmi studiare, signora mia!
Questa estate ho letto pochissimo. Un po’ la stanchezza, un po’ la concentrazione su tutt’altre cose. Riflettendoci meglio, però, mi rendo conto che non è del tutto vero vero: semplicemente non ho letto nel solito modo, ma ho letto speculative fiction, racconti, raccolte di romanzi brevi, microsaggi di genere, forme di scrittura più alla portata del mio tempo e della mia attenzione. Sul blog di Carwil Bjork-James ho trovato una lista di narrativa contemporanea in cui l’antropologia non è solo una spolveratina di colore su una storia ma una delle chiavi per pensare alle storie, a come funzionano le persone e quindi anche i personaggi, per vedersi riflessi nel mondo e per immaginarlo completamente diverso. (Poi un altro giorno con più calma parliamo della mia passione fuori scala per l’intera produzione di Becky Chambers)
È tutto, settembre è un soffio, sbatti un attimo le palpebre e ti trovi circondato di zucche intagliate.
E comunque, oltre ai libri, anche qua nell'internet si legge parecchiotto.
La Macropinna microstoma mi ha svoltato la mattinata 🤩 (Curiosissima per il Libro Nuovo!)